Bonimba e la Nazionale: “Spalletti uomo sbagliato. Ci serve un Ct giovane”

Roma, 9 giugno 2025 – “Umanamente mi dispiace, ma non c’erano alternative: Spalletti era l’uomo sbagliato per il ruolo di ct. Dopo di che, temo che la crisi storica del calcio Azzurro non si risolva cambiando l’ennesimo allenatore. Perché qui il problema è socioculturale…” Roberto Boninsegna, detto Bonimba, appartiene alla storia migliore della Nazionale. Con Paolo Rossi (1982) e Colaussi (1938), vanta un record: ha fatto gol in semifinale e in finale ai Mondiali. Che forse guarderemo un’altra volta in televisione. “Io ci sono riuscito nel 1970 – sospira il centravanti dell’Inter e della Juve –. Segnai alla Germania nel mitico 4-3 e anche al Brasile di Pelé nella partita che valeva la Coppa. Purtroppo finì male”.
Almeno la sua generazione i Mondiali li giocava.
“E anche quella dei Totti, dei Del Piero, dei Cannavaro, i campioni del 2006”.
Adesso invece…
“Guardi, qui dobbiamo fare un discorso lungo”.
Facciamolo.
“Io ero figlio di un fabbro. Più o meno tutti i miei compagni dell’epoca venivano da famiglie umili, da gente che aveva conosciuto il lato oscuro della vita. Per noi che prendevamo a calci un pallone per strada la maglia azzurra era tutto. Era il sogno che ci ispirava sin da bambini”.
Oggi non è più così?
“Non lo so e in ogni caso mi rifiuto di crederlo. Poi certo è cambiato il mondo, ma io, Rivera, Mazzola, Facchetti, Riva, beh, per la Nazionale eravamo disposti a tutto”.
Boninsegna, il suo amico Zoff sostiene che in Italia paradossalmente non nascono più campioni perché sono spariti gli oratori.
“Emotivamente Dino ha ragione, una volta per un monello giocare a pallone, anche per strada o sui cortili delle chiese, era l’unico divertimento. Ma c’è dell’altro, si fidi”.
Cosa?
“Qui dobbiamo andare sul tecnico”.
Andiamoci.
“A parte gli aspetti morali, cui ho accennato, è evidente che nel presente nel nostro Paese non ci sono fuoriclasse. Potrei cavarmela dicendo che è colpa delle mamme, che non generano più campioni. Ma non basta”.
Sentiamo il seguito.
“Dobbiamo interrogarci sulla qualità dei nostri maestri, degli istruttori che si dedicano alla formazione calcistica dei giovanissimi. Io ormai ho un’età, non voglio fare il professore, ma qualche domanda me la pongo”.
Se no torniamo alla colpa esclusiva delle mamme che non sfornano più un Totti o un Rivera.
“Appunto. Poi c’è anche un altro argomento. Ha sentito cosa ha detto il mio coetaneo Fabio Capello?”
Ha detto che bisognerebbe rendere obbligatorio in Serie A l’impiego di almeno tre giocatori convocabili in Nazionale sin dal primo minuto di ogni singola partita.
“Ed è una provocazione intelligente. Anche io come Capello so che leggi e regolamenti non lo permettono, eppure è indispensabile spingere gli allenatori a valorizzare l’italianità dei calciatori. Altrimenti non ne usciamo. È un discorso di mentalità. In Spagna o in Germania insegnano il dribbling ai ragazzini e poi li lanciano nella mischia, al top”.

Da noi no.
“Perché si preferisce andare sull’usato sicuro, che quasi sempre è straniero”.
Boninsegna, ma ci qualificheremo per il Mondiale del 2026 o per la terza volta consecutiva resteremo a casa?
“Prossima domanda?”
Sempre la stessa, mi dispiace.
“Siamo messi male, ma non siamo spacciati. La figuraccia contro la Norvegia, che non è il Brasile di Pelé o l’Argentina di Messi, è stata imbarazzante. Rimuovere Spalletti, come ho detto all’inizio, era dolorosamente necessario”.
E chi vorrebbe al suo posto?
“Io punterei su un giovane, per tutte le cose che ci siamo raccontati. Chiamerei De Zerbi, l’ex mister del Sassuolo che adesso allena in Francia e ha già lavorato in Inghilterra. Serve una svolta culturale. Nel nome dell’amore per la maglia azzurra. Che è di tutti, lo sa?”
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